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Perché l'8 marzo (ma anche il 15 di agosto) è il momento adatto per parlare de "Il racconto dell'ancella"


“Esiste più di un genere di libertà, diceva zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di, adesso mi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo.”

Siamo nella Repubblica di Gilead (gli ex Stati Uniti) tutte le donne sono state sollevate dal gravoso compito di scegliere che direzione dare alla propria vita. Sono libere dagli sguardi lussuriosi degli sconosciuti, sono libere dal lavoro, libere dal precariato sentimentale, dal trucco, dalla moda, dalla pubblicità. Sono protette.

“Eravamo una società che moriva per troppa libertà di scelta, diceva zia Lydia”.

La religione capitalistica è stata sostituita dai precetti del Vecchio Testamento. Non si sceglie più chi essere.  La società è tornata ad essere un efficiente meccanismo di disciplina e controllo: gli individui vengono divisi in caste, ognuna è riconoscibile da un colore diverso. I compiti sono assoluti e codificati.

La storia si regge chiaramente su una distopia: cioè sull’immaginazione di una società o di una comunità altamente indesiderabile o spaventosa. Ma “Il racconto dell’ancella” è terrificante, perché (purtroppo) sembra reale, nonostante il romanzo sia stato scritto nel 1985, da Margaret Atwood.

Ci sono i Comandanti, le Mogli, le Marte (le serve, vestite di verde), gli Occhi (i servizi segreti), le Zie (le guardiane del rigore morale), i Custodi e le Ancelle, vestite di rosso con un grande cappello bianco.

Il dovere delle Ancelle, (in un Paese sterile) è quello di dare alla luce dei figli. Sono una risorsa preziosa per lo Stato che infatti decide di appropriarsene: le strappa alle famiglie, le deruba della libertà, le addestra, le imprigiona nelle case dei Comandanti, dove ogni mese vengono stuprate durante una Cerimonia che si ispira all’episodio biblico di Giacobbe il quale per dare un figlio a Rachele ingravida la serva Bila. E come Bila, anche le Ancelle non hanno alcuna voce in capitolo, sono solo strumenti. Eloquente è la scena in cui, durante una visita dal ginecologo, Offred (il cui vero nome è June) è coperta da un velo che nasconde al medico il viso ma non i genitali, a testimonianza del fatto che la sua identità non è rilevante.



L’adattamento televisivo ha visto la luce nel 2017 e trova un solido legame con il femminismo e il sessismo, non solo perché ne rappresenta una narrazione, ma soprattutto perché ne sviluppa una potente analisi critica.
Il centro della questione è la discordia tra le donne. Già, perché se anche nel racconto il potere politico è nelle mani dei militari, sono le donne che lo avallano in maniera spietata, costruendo ora dopo ora un sistema matriarcale. Motivo per cui una domanda vi accompagnerà per tutta la durata della serie: “cosa succederebbe se al posto di essere divise, le donne si unissero e collaborassero a una rivolta”!? 


“Era così che si viveva allora? Di abitudini. Come tutti, la più parte del tempo. Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.
Nulla muta istantaneamente: in una vasca da bagno che si riscaldi gradatamente moriresti bollito senza nemmeno accorgertene. C’erano notizie sui giornali, certi giornali, cadaveri dentro rogge o nei boschi, percossi a morte o mutilati, manomessi, così si diceva, ma si trattava di altre donne, e gli uomini che commettevano simili cose erano altri uomini. Non erano gli uomini che conoscevamo. Le storie dei giornali erano come sogni per noi, brutti sogni sognati da altri”.

Introverso e avvincente, il romanzo mostra vivido il peso dell’allegoria politica. È un testo a metà strada tra fiction e non fiction. E’ un saggio, che guarda alla condizione della donna e dell'uomo nel corso della Storia. Per questo l'8 marzo, il 9, ma anche il 15 agosto del 2020 saranno sempre il momento adatto per parlarne.

Infine, la distonia su cui è costruito "Il racconto dell'ancella" è un genere infallibile per capire come e quando la retromarcia su un diritto può portare all’annullamento di tutti gli altri, discriminando gran parte della popolazione, non solo una minoranza, un genere o un’etnia.

Uno Stato che nega i diritti fondamentali oggi, è la distopia di domani.

 “Nolite te bastardes carborundorum, bitches!” ovvero, "Non lasciare che i bastardi ti schiaccino!"

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