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Viaggio in Toscana, senza pioggia


Premessa: prima di partire ho dato uno sguardo alle previsioni meteorologiche calcolate dal 28 marzo al 3 aprile (un'abitudine che non mi appartiene, ma considerati i tempi incerti delle ultime due stagioni ho fatto un'eccezione, e tale rimarrà). A poche ore dal volo la tabella riassuntiva della Toscana, presenta una serie inequivocabile di illustrazioni a soggetto fisso, temporale. Una dichiarazione di guerra.


Ma per cinque giorni di fila, la nona beatitudine ha dato prova della sua fondatezza, rivelando (ancora una volta) che "colui che non si aspetta nulla, non rimane mai deluso". 
La resurrezione è stata per me un cielo azzurro spavaldo e 16° di minima all'ombra. Ne fulmini ne saette, Alleluia, Alleluia.


La mia casa vacanze si trova a Balconevisi una tranquilla frazione del comune di San Miniato, nella provincia di Pisa, una scelta defilata dal centro che mi ha permesso di vivere silenziose colazioni e percorrere incantevoli strade panoramiche per raggiungere borghi e città.

Prima tappa Firenze, direzione Palazzo Strozzi. Per il cinquantesimo anniversario del sessantotto i grandi maestri italiani sono in mostra  per raccontare la "Nascita di una Nazione". Ci sono tutti: Fontana, Melotti, Guttuso, Schifano, Penone, Burri, Merz, Pistoletto. 

Emozionata da questa immersione nell'arte del 900 mi dirigo verso il centro: Duomo, Ponte Vecchio, Palazzo Vecchio, Santa Maria Novella e pranzo tipico alla Fiaschetteria Nuvoli, una sosta raccomandata per vivere il fascino di alcune stanze scavate nei sottosuoli (le cosiddette buche), intrattenuti dal vino, dal dialetto affilato e da una cucina  esilarante.


Il pomeriggio è delle passeggiate, lente e senza pretese per le vie minori.

Venerdì, le Terme. 
Qui i gradi sono saliti a 39°/40° quelli dell'acqua allo zolfo. A mollo per una giornata intera, non ho nemmeno fatto una foto per non spezzare il patto di ozio che ho stipulato con me stessa. 

Sabato Pisa. Il barista al quale chiedo un cappuccino come si deve mi dice che secondo una leggenda, la città sarebbe stata fondata da alcuni profughi provenienti dall'omonima città greca, nel Peloponneso, motivo per cui i pisani sono detti anche alfei. Mi versa un goccio d'acqua. "Tra l'altro oggi sarebbe dovuto piovere - continua Dino, (glieglo leggo sulla camicia), - ma a me 'un mi sembra tempo di pioggia questo signora, può stare tranquilla". Lo ringrazio molto per il sollievo, il cappuccio senza schiuma, e la signora!

I palazzi pisani sono tutti belli, colori pastello e infissi in legno.
Faccio un salto all'Orto Botanico.

La sua fondazione risale al 1543 ed è  il più antico Orto Botanico Universitario al mondo. Contiene 400 specie ordinate e catalogate tra piante e fiori.


La serra tropicale è un monumento affascinante. L'allestimento segue un piacevole criterio geografico dove ogni aiuola rappresenta un continente. Ci sono specie rare e in estinzione, ma anche molte specie comuni con tutti i nomi scientifici e confidenziali, anche delle piante che ho cercato per anni senza soluzione. Intorno il giro si fa sempre più interessante tra i boschetti di bamboo, le magnolie secolari e i rampicanti. Se siete in zona, dovete passare qualche ora in questo piccolo gioiello verde. 

Alle 17,00 l'orto chiude. A due passi la Torre pendente, gettonatissima come sempre. Poi Campo dei Miracoli, il Duomo, il Lungarni e Piazza dei Cavalieri. 
Ad un certo punto, su un manifesto leggo della mostra di Robert Doisneau  al Museo della Grafica: l'entusiasmo si concentra nelle gambe, e in pochi minuti sono  davanti alle sue fotografie.
All'uscita, è già ora dell'aperitivo: direzione Borgo Stretto, Piazza delle Vettovaglie. Qui i vini biologici vanno forte.


Domenica, Siena. Sveglia presto, il percorso costeggia le vie del chianti: è un tripudio di campi, vitigni, uliveti e colline. 
In zona Gambassi Terme c'è l'Osteria del Castagno mi fermo per un caffè.

Mi accoglie Roberta, sta allestendo la cascina per il pranzo di Pasqua, mi prende sottobraccio e mi porta a fare un giro nelle sale e nella cucina. Conosco la sua mamma, le cuoche, i camerieri, alcuni amici passati di li a salutare. 
Gli arredi sulle tavole sono primaverili, le corone d'alloro fanno coppia con le porcellane da brodo pronte in serie per essere riempite, i bigliettini per la caccia all'uovo del pomeriggio sono completati.

Questi i cestini di campagna con le uova sode affogate all'aceto balsamico che accoglieranno gli ospiti a tavola. Rimarrei ancora un pò a curiosare, ma ho un programma da rispettare. Saluto Roberta con la promessa di un ritorno e porto via con me i suoi pistacchi caramellati. L'arrivo a Siena in piazza del Campo è un colpo d'occhio incontenibile.

Il Palazzo Pubblico è supremo, va osservato distesi per terra. Proseguo verso il Duomo, dove l'abbaglio è letale. Ho l'improvvisa sensazione che due occhi non mi bastino per contenere questa meraviglia, e dentro la situazione si complica: pavimenti contrassegnati da simboli esoterici e storie religiose, volte antologiche, cripte dorate e tesori da biblioteca. Mi ci vuole un pezzetto di panforte.

Lunedì, pasquetta a San Gimignano.

Il centro storico (patrimonio Unesco) è racchiuso dentro le mura, si accede da Porta San Giovanni e si prosegue istintivamente.

Per le strade profumo di zafferano e ombre monumentali di cipressi sulle torri.

A pochi chilometri da qui c'è Volterra, voglio fare un salto, anche solo per vedere Palazzo Viti, in via dei Sarti n°41.

E' una delle residenze private più belle d'Italia dove nel 1965 Luchino Visconti ci ha girato"Vaghe stelle dell'Orsa" premiato con il Leone d'Oro a Venezia.

Oggi il Palazzo è una casa museo aperta al pubblico.

All'interno opere d'arte, candelabri in alabastro, abiti cerimoniali, oggetti antichi e molti libri, anche rari. 

E' aperto alle visite turistiche da aprile a novembre.

Il mio arrivederci alla Toscana è dolce, e sà di Brigidini.

Ostie di biscotto al profumo di anice.

La ricetta è semplicissima, ci vogliono farina, zucchero, olio, uova e un pizzico di semi di anice.

Alla prossima.

“La campagna toscana è stata costruita come un’opera d’arte da un popolo raffinato, quello stesso che nel ‘400 ordinava ai suoi pittori dipinti e affreschi: è questo il tratto principale nascosto nel disegno dei campi, nell’architettura delle case toscane. È incredibile come questa gente si sia costruita i suoi paesaggi rurali come se non avesse altra preoccupazione che la bellezza”.



Albert Camus


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